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    Il calcio giovanile si guarda allo specchio

Lo spunto di partenza, che ha innescato la scintilla del dibattito, è stato quello relativo alle ricadute della riforma dello sport, in particolare le nuove modalità che regolano il cosiddetto vincolo sportivo, ma con il procedere della serata gli interventi hanno toccato moltissimi punti sensibili della vita delle società sportive dilettantistiche, dalle criticità che queste affrontano quotidianamente fino ad arrivare alle modalità che dovrebbero regolare in modo sano i rapporti fra le varie realtà sportive del nostro territorio. Ieri sera, alle Pavoniere, all'interno del Parco delle Cascine, l'associazione Calcio Fair Play Toscana e Calciopiù hanno organizzato un incontro aperto a tutti coloro che operano all'interno del calcio giovanile dilettantistico, che è stato partecipato e coinvolgente.

Dopo aver concluso che la riforma del vincolo è stato un passaggio delicato per le società che svolgono attività dilettantistica di base, ma era uno step necessario per il nostro paese, rimasto l'unico assieme alla Grecia in ambito Uefa a tenere ancora in piedi questo statuto, si è passati ai rapporti fra società ed enti comunali. Franco Simoncini ha dato la chiave d'interpretazione giusta: in realtà come la sua - quella di Gambassi Terme - è più semplice per le istituzioni toccare con mano l'indispensabile ruolo sociale svolto dalle società sportive presenti sul territorio, e di conseguenza avere contezza delle loro necessità instaurando un rapporto diretto e collaborativo. Se però ci si sposta in centri abitati più grandi, come il capoluogo, ecco che tutto inevitabilmente si diluisce e l'ordine di grandezza superiore complica il quadro generale: in tanti fra gli addetti ai lavori presenti in sala hanno lamentato quanto siano onerosi i costi a loro carico, voci pesanti come quella relativa all'affitto dell'impianto o le spese delle utenze. Il confronto ha poi proposto un salto di qualità, perchè la richiesta delle società è chiara: avere maggiore ascolto e tutela nei loro confronti visto il fondamentale valore aggiunto che portano in un sistema-paese in cui lo sport di base non è pubblico, ma quasi completamente affidato ad associazioni presiedute da dirigenti che si sentono esposti e vulnerabili. La posta in gioco, dopotutto, è altissima: proprio i dirigenti, ne abbiamo avuto una conferma ulteriore anche ieri sera, avvertono quanto sia delicato il loro ruolo, e quanto sia elevata la responsabilità che deriva dal fatto che i genitori affidano i loro figli per tantissimi pomeriggi a settimana a una società sportiva, affinché ne sviluppi il talento calcistico - certo - ma anche e soprattutto perchè queste costituiscono un imprescindibile punto di riferimento di vita associata per la fascia più preziosa della popolazione. Bambini e ragazzi appunto.

Le società del 2025 sono sempre più una sorta di ''agenzie di servizi'': Graziano Chiari ha centrato un punto significativo, e il suo intervento ha stimolato ulteriormente il dibattito. I rapporti sempre più complessi e sfaccettati con i ragazzi e le loro famiglie, la necessità di offrire appunto dei servizi che vadano oltre la semplice presenza di un allenatore che in campo sistema gli attrezzi per svolgere gli esercizi: la presenza di istruttori qualificati comporta inevitabilmente un aggravio dei costi, e la riflessione della platea ha cercato una soluzione al fatto che le spese finiscano col venir scaricate sempre sui genitori. Un campanello d'allarme lo ha lanciato Roberto Conti, parlando del numero sempre crescente di nuclei familiari alle prese con difficoltà economiche tali da non poter sostenere le spese dell'attività calcistica svolta dal proprio figlio. Una situazione che pesa soprattutto sulle scuole calcio, altro tema di dibattito intenso: Alfio Berti ha sottolineato l'impatto anomalo che stanno avendo quelle che hanno allestito le società professioniste da qualche anno a questa parte: se un tempo il vivaio di un club di serie A e B iniziava con il settore giovanile, oggi non è più così. Un consenso unanime da parte della platea si è avuto nel momento in cui, provando a tracciare delle linee guida per il futuro, proprio il comparto scuola calcio è stato indicato come quello da salvaguardare, trattandolo quasi al pari di una riserva, dentro la quale non far confluire interessi e dinamiche che sono proprie del calcio dei grandi, che quando imita il professionismo - si sa - finisce con lo scimmiottare comportamenti che non sono in linea con i principi formativi.

Spazio poi per il corposo intervento di Valis Bagnoli, che ha indicato nella riforma dei campionati una delle possibili soluzioni al problema dell'eccessiva concorrenza che esiste fra le società dilettantistiche, protese come sono nello sforzo di mantenere le categorie. Bagnoli ha proposto una riforma che ricalca il nuovo format di Allievi B e Giovanissimi B, con una prima fase comune a tutti e una seconda a carattere regionale, in modo da dare a tutti la possibilità di confrontarsi partendo da un punto zero comune, e per fare in modo che ogni squadra di tutte le annate sia, per così dire, padrona del proprio destino sportivo. Arrivato poi proprio in chiusura, l'intervento di Fabio Bonavolta è stato una sintesi e una chiusa perfetta. Ha consentito di fare la tara fra quello che non funziona e sul quale occorre intervenire e tutto ciò che invece è virtuoso e da salvare all'interno del nostro mondo. Perchè la sana concorrenza fra le società ha portato queste ultime a innalzare e articolare sempre più il livello della propria offerta formativa, e se un sistema è sano e regolato da rapporti leali e trasparenti allora è in grado di produrre anche gli anticorpi verso quei fenomeni che sono deleteri e rovinano non solo l'immagine, ma anche le fondamenta stesse del movimento. Non si è cercato solo di indicare i problemi, ma anche di riflettere sulle possibile soluzioni e sui correttivi da applicare. La strada è lunga e poco illuminata, ma serate come quella di ieri rischiarano un po' il cammino.

L.M.

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