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    Le interviste di Calciopiù e Campionando: Trupia saluta l’Aglianese

Dopo tre stagioni si separano le strade dell'Aglianese e del tecnico degli Juniores Nazionali Gianfranco Trupia.


Così come nella vita, anche nel calcio, si sa, di certezze non ve ne sono. Niente va dato per scontato perché, si sa, anche i matrimoni più belli finiscono. Si sa, vero, ma a volte capita di non essere pronti; capita, per usare una metafora calcistica, di venire colti in contropiede. E l'avventura dell'esperto allenatore Gianfranco Trupia ricalca proprio questo canovaccio, culminata con una separazione un po' inaspettata, di quelle che lasciano un pizzico di amaro in bocca nonostante la consapevolezza di aver compiuto un cammino dal gusto spiccatamente dolce. Ma alla fine va bene così, alla fine resteranno i ricordi, quelli belli, perché non c'è spazio e non c'è tempo per rimuginare sugli eventi avversi in un mondo fluido come quello del pallone. Non c'è spazio per il rancore e per il veleno, solo per le lezioni di vita; e non vi sono dubbi che, da questa esperienza, un uomo dall'alto profilo tecnico e umano come Trupia non sappia cogliere altro che il meglio. E a proposito di lezioni da imparare, nella sua crescita calcistica e personale molto ha influito l'aver lavorato fianco a fianco con un'istituzione del calcio che risponde al nome di Piero Marini, vero e proprio guru nel suo campo con un'esperienza trentennale maturata proprio tra le fila neroverdi. Presentato proprio da Marini come una persona dagli elevati valori umani e professionali, l'ex allenatore degli Juniores Nazionali si racconta a trecentosessanta gradi soffermandosi in particolar modo sulla sua ultima avventura appena conclusa all'Aglianese.


Prima di arrivare alla stretta attualità, ripercorriamo le tappe del suo viaggio nel mondo del calcio partendo proprio dagli inizi. Lei è stato calciatore?


Certamente, ho sviluppato la mia carriera nel mondo dei dilettanti girando parecchie squadre. Ho giocato fino a trentatré anni, fin quando il fisico me lo ha consentito. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, non ho perso tempo e ho cominciato subito ad allenare.


Su quali panchine si è seduto?


Inizialmente ho cominciato ad allenare gli Juniores provinciali, poi sono passato alle prime squadre rimanendo comunque in categoria fino a tornare nuovamente negli Juniores, questa volta Nazionali, ad Agliana. Avevo già avuto modo di guidare la compagine neroverde quando militava in Prima Categoria.


In linea di massima preferisce allenare un gruppo di ragazzi o un gruppo di uomini già formati?


Sono due categorie ben distinte in realtà, non ho una preferenza specifica. Ovviamente i ragazzi vivono il calcio in maniera ludica e nella sua forma più pura, giocano per il gusto di giocare e lo fanno divertendosi. In più la loro è un'età che consente di recepire meglio le idee e le disposizioni che ricevono. Per gli adulti invece è diverso, le loro energie vengono giustamente convogliate in altri aspetti della vita quali famiglia e lavoro, pertanto una volta al campo giocano sì per sfogo e per passione ma con una loro idea ben precisa di calcio, non sono spugne come gli adolescenti. Noto però con piacere che negli ultimi tempi anche il mondo del dilettantismo sta diventando sempre più professionale e meglio organizzato.


La sua esperienza alla guida degli Juniores Nazionali dell'Aglianese è da poco terminata. Perché?


La società preferisce privilegiare la prima squadra e focalizzare su di essa la maggior parte della attenzioni, anche a buon motivo giacché lo spiraglio che le permetterebbe di calcare il palcoscenico del professionismo è ancora aperto. Detto ciò, da due anni a questa parte dai piani alti vorrebbero che gli Juniores si allenassero di pomeriggio insieme alla prima squadra, in modo che quest'ultima possa attingere al serbatoio della gioventù ogni qualvolta ve ne sia bisogno. Purtroppo però lo svolgimento delle sedute pomeridiane entrerebbe in conflitto con la mia disponibilità dato che il lavoro non mi consentirebbe di recarmi al campo, se non alla sera. Per due anni i miei impegni sono stati assecondati, ma la società ora avrà fatto le proprie valutazioni ritenendo la separazione la soluzione migliore da adottare vista e considerata la situazione che si sarebbe profilata di qui a breve.


Questo divorzio è avvenuto di comune accordo?


Io sono stato nelle fila neroverdi per tre anni, passando da membro di raccordo fra prima squadra e Juniores ad allenatore. Per i risultati che ho ottenuto ammetto che non ero pronto a una comunicazione del genere, sia per le modalità sia per le tempistiche con le quali è arrivata, ma alla fine va bene così.


Entrando nel dettaglio, come si traducono in pratica i risultati che ha appena citato?


Il cammino che siamo riusciti a compiere è stato brillante sotto tutti i punti di vista ma, per onore del vero, niente di tutto ciò sarebbe stato possibile se non vi fosse stato l'encomiabile lavoro di scouting e di raccordo compiuto dal direttore del settore giovanile Piero Marini. Le competenze di Piero sono state e sono fuori dal comune, è riuscito ad assemblare squadre altamente competitive mettendo sul piatto ragazzi calcisticamente da sgrezzare ma nei quali vedeva del grande potenziale, soprattutto a livello umano. Ha messo a mia disposizione un gruppo di giocatori provenienti per la maggiore dai campionati provinciali ma con un background familiare solido e di valore, rassicurandomi sulla loro affidabilità e professionalità. E non si sbagliava.


Che cosa è successo?


Durante il primo anno alla guida degli Juniores Nazionali mi sono ritrovato a inizio stagione con dei ragazzi abituati ad altri ritmi e a competere in ambienti con un tasso tecnico certamente non comparabile a quello di un campionato nazionale. Dal punto di vista del gioco e dei risultati ci abbiamo messo un po' a ingranare, tant'è che le prime giornate abbiamo preso delle belle batoste; tuttavia, nonostante una partenza a rilento, dopo poco abbiamo capito di essere un gruppo forte e unito. E con lo scorrere delle settimane questa consapevolezza si è tramutata in un filotto di vittorie veramente impressionante che ci ha permesso di chiudere il campionato sul podio.


Qual è stata secondo lei la partita della svolta?


Ho pochi dubbi al riguardo, penso che il roboante trionfo ottenuto ai danni di una corazzata come quella dell'Aquila Montevarchi ci abbia definitivamente aperto gli occhi. Grazie a un 5-0 senza possibilità d'appello abbiamo capito di poter fare davvero grandi cose. Peccato non aver potuto dare continuità quest'anno al grande lavoro svolto nella stagione 2019/2020.


A proposito, come hanno vissuto i ragazzi il fermo delle attività sportive per così tanto tempo?


Quando il campionato si è interrotto a marzo 2020 non sono stati toccati troppo nel profondo; dopotutto il grosso del torneo era stato svolto. Per quanto riguarda la stagione appena conclusa, invece, il contraccolpo psicologico è stato maggiore. Al di là delle due sole gare disputate, fino a marzo abbiamo avuto la possibilità di allenarci e questo, almeno in parte, ha lenito la frustrazione del non poter giocare partite vere. Tuttavia i ragazzi hanno sofferto e non poco; sono sempre venuti al campo con una voglia matta di ripartire, ma i continui rinvii hanno finito per erodere lentamente le loro speranze. L'unico aspetto positivo è stato l'aver dimostrato di essere un gruppo vero e solido anche al cospetto di una difficoltà enorme come questa.


Dato che precedentemente ha attribuito gran parte del merito a Piero Marini, che cosa ci può dire di lui e del rapporto che avevate instaurato?


Piero per me è un maestro di calcio come pochi ce ne sono. Non solo in Toscana, ma in tutta Italia. È una figura dall'alto spessore umano ed è proprio questa la peculiarità che ricerca in un giocatore: prima si accerta che il ragazzo abbia dei valori morali importanti e che sia affidabile, poi solo dopo si concentra sulle sue proprietà tecniche e atletiche. La sua mentalità porta la squadra e la società a un livello superiore, sia dal punto di vista qualitativo sia organizzativo. Piero è meticoloso in ciò che fa, è attento al dettaglio e non transige sulla disciplina e sull'impegno: vuole il massimo da tutti. Con lui niente è lasciato al caso. La sua etica lavorativa si sposa perfettamente con la mia, pertanto abbiamo da subito trovato un feeling ottimo sotto tutti i punti di vista. Da uno come Piero c'è solo da imparare e non posso far altro che ringraziarlo per tutto ciò che mi ha dato in questi tre anni passati nell'Aglianese.


E ora che la sua avventura in quel di Agliana si è conclusa, che cosa farà in futuro? È prematuro pensarci o ha già delle proposte sul tavolo in fase di valutazione?


Non ho nessuna intenzione di fermarmi e ho la fortuna di poter scegliere fra un paio di proposte molto interessanti. A breve scioglierò le riserve sul mio futuro.



Lorenzo Profili