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    Pontedera, la Primavera riparte da Sandy Iannella

Beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi, beati quei popoli in cui alcune vicende non fanno più notizia. In attesa che venga finalmente il tempo in cui merito, competenza e preparazione vengano davvero premiati e valorizzati indipendentemente da quali siano i tratti somatici e genetici di chi li possiede, ci sembra giusto mettere l'accento su quanto ha deciso di fare il Pontedera, assegnando la panchina della propria formazione Primavera a Sandy Iannella. Anche perchè l'occasione è ghiotta per avere dall'altra parte un'interlocutrice con idee chiare e piene di senso, oltre a un'esposizione decisamente lucida; l'occasione diventa unica poi se si considera che Iannella ha concluso pochissimi mesi fa una carriera al top del calcio professionistico femminile, vincendo quattro scudetti di Serie A e collezionando una quarantina di presenze con la maglia della Nazionale. Ecco l'intervista pubblicata sull'ultimo numero di Calciopiù.

Deve essere avvenuto tutto nel giro di poco: dal calcio giocato alla panchina, fino alla chiamata della Primavera granata. Come è andata esattamente?
Questo è il mio quarto anno a Pontedera e fino a pochi mesi fa giocavo con la prima squadra femminile; nel tempo il direttore Emiliano Branca è venuto spesso a vederci giocare, la stima reciproca c'è sempre stata e mi ha seguito in particolar modo nei mesi della scorsa primavera, quando il nostro allenatore ha dato le dimissioni e io sono subentrata sulla panchina della prima squadra, di fatto alla mia prima esperienza, anche perchè ho subito un infortunio che mi stava tenendo ferma da febbraio. Il direttore Branca è uomo di calcio e vive di emozioni e sensazioni, gli deve essere venuta la pazza idea di farmi allenare i ragazzi del maschile; sono orgogliosa che abbia visto in me quelle qualità che mi rendono credibile in questo senso. Trascorso il mese di giugno ci siamo visti per parlare e mi ha proposto la panchina della Primavera: vivo di sfide e questa non potevo non accettarla.

In passato le era mai venuta l'idea di entrare nel mondo del calcio maschile?
Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto anche perchè per me il calcio non è maschile o femminile, il calcio è uno soltanto. Fin da bambina ero appassionata dal mondo dei ragazzi, e anche ultimamente mi fermavo spessissimo a osservare gli allenamenti delle squadre giovanili maschili.

Pensa che il passaggio più stretto e difficoltoso sia quello che porta dal femminile al maschile, o viceversa?
Sotto il profilo psicologico e della gestione del gruppo credo che ci siano delle importanti differenze fra uno spogliatoio di ragazze e uno di ragazzi; conosco a menadito le dinamiche dentro un gruppo di donne e vi assicuro che la gestione è tutt'altro che facile, in questo senso i ragazzi hanno input più basici e molte dinamiche in meno a complicare la situazione, la parte di campo ha quindi un ruolo prevalente e consente di lavorare meglio. Da piccola sono cresciuta in mezzo ai maschietti e neanche crescendo ho mai avuto problemi nel confrontarmi alla pari con loro; sono serena e senza alcun disagio alla prospettiva di guidare un gruppo di ragazzi.

Fra gli stati d'animo dei suoi giocatori troverà sicuramente posto la consueta voglia di emergere ma anche quella di rivalsa, dopo un'annata - quella scorsa - piuttosto complicata; quali sono le sue prime sensazioni al riguardo?
Forse il problema maggiore che hanno riscontrato i ragazzi nella passata stagione è stata la mancanza di un punto di riferimento, hanno cambiato in corsa guida tecnica e solo nel finale quando Cangiano ha preso in mano la squadra il gruppo si è ricompattato e non a caso ha chiuso in crescendo il proprio campionato, collezionando una serie di buoni risultati. La conoscenza reciproca è tuttora in corso e la rosa è bella ampia; quel che mi rende più felice è aver notato fin dal primo istante nei ragazzi la volontà di aderire con entusiasmo al progetto che la società mi ha affidato. I primi giorni di lavoro in ritiro sono stati utilissimi, la piena disponibilità al lavoro ha reso tutto più semplice fin da subito.

Anche se sappiamo tutti che i numeri hanno un'importanza molto relativa, le chiedo qual è la sua idea di calcio, anche espressa in numeri appunto, ma non solo.
Non voglio stravolgere il percorso tecnico che i ragazzi stavano sviluppando prima del mio arrivo, quelli di loro che già erano in rosa e quelli che sono saliti dagli Juniores Nazionali hanno lavorato sul modulo del 4-3-3 e io vorrei continuare su questa linea, proponendo un calcio semplice ma aggressivo e forte, fra virgolette, in cui siamo noi a provare a imporre il nostro gioco. Ci troveremo di fronte squadre organizzate e anche più forti di noi, ma dovremo scendere in campo con principi e idee chiari, andando a mille all'ora senza risparmiarsi. Il mio lavoro si concentrerà anche sull'introduzione di una disciplina calcistica che è prerogativa fondamentale a questi livelli.

I suoi trascorsi ai massimi livelli del calcio femminile ci forniscono un assist che non possiamo non sfruttare per chiederle qual è il suo punto di vista sullo stato di salute del movimento, tenendo conto anche di quanto fatto dalla nostra nazionale, le premesse che aveva posto con quel gran Mondiale qualche anno fa, dando un input decisivo alla crescita, e dei recenti risultati ottenuti - purtroppo deludenti, probabilmente non solo sul piano meramente sportivo.
In passato non ho mai amato sbilanciarmi troppo ed entrare nel merito di quanto facesse la Nazionale ma non posso che essere amareggiata dagli ultimi risultati ottenuti dalle azzurre; credo che un cambio della guida tecnica andasse operato molto prima e dispiace soprattutto non aver catalizzato nella giusta direzione l'entusiasmo che si era creato nel 2019, dopo il grande Mondiale che aveva appassionato e avvicinato al calcio femminile tantissimi italiani; invece che compiere soltanto passi in avanti ne abbiamo compiuti anche qualcuno indietro, tanto da ritrovarci in una situazione che, sempre a livello di Nazionale, ci vede sguarniti nel ruolo di ct, quello che funge da capofila dell'intero movimento. Per chi come me ha dato tutto, da atleta, per il calcio femminile, è chiaro che questo sia un presente che lascia amareggiati.

Sempre legandoci alla sua eccellente carriera di calciatrice, quali emozioni le restano scolpite addosso in maniera più nitida?
Sono davvero tante, ho avuto la fortuna di svolgere una carriera lunghissima e prosperosa sotto il punto di vista dei titoli vinti, come i quattro scudetti, ma se dovessi scegliere un'emozione nello specifico la scelta ricadrebbe su quella che ho provato ogni volta, e particolarmente la prima, in cui ho indossato la maglia azzurra della Nazionale. E' il sogno di ogni bambina che si avvicina a questo sport, così come lo + da sempre per ogni ragazzo, e abbinata a quella del debutto in Serie A è l'emozione che ancor oggi ricordo come la più intensa. La chiamata dalla massima serie è stata un premio al duro lavoro e ai sacrifici che ho fatto in passato, ma quando guardo indietro vedo appunto una carriera ricca di esperienze che mi hanno segnata, tanti incontri che hanno arricchito il mio bagaglio di conoscenze.

In conclusione, adesso che è un'allenatrice, quale dei suoi vecchi maestri si porta e si porterà d'ora in poi più dentro, come riferimento?
Probabilmente il mister con il quale ho vinto i quattro scudetti, Salvatore Arca; ha completato al massimo livello la mia formazione calcistica e devo tanto a lui se oggi vedo il calcio in un certo modo. Ma in generale da ogni allenatore che ho avuto penso di aver pescato qualcosa, anche solo un singolo concetto; anche saper riconoscere ciò che è buono e cosa no è un'operazione importante, che compio ogni giorno nel percorso in divenire che ho intrapreso.
Lorenzo Martinelli