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Dall'archivio di Calciopiù - C'era una volta Simone Zaza nelle giovanili dilettanti

Dall'archivio di Calciopiù - C'era una volta Simone Zaza nelle giovanili dilettanti

Tanta voglia di arrivare, a suon di gol


La storia calcistica dell'attaccante del Torino passa anche dalla Toscana: Vito Consoloni, Sergio Giuntini e Sergio Gasparri ricordano il giovane attaccante nel periodo della Valdera


Un sinistro potentissimo, un gran colpo di testa, una grande voglia di arrivare. Simone Zaza ne ha fatta di strada: è partito da Policoro in Basilicata ed è arrivato nel grande palcoscenico della Serie A, cui si aggiungono l'esperienza in Premier League e quella più proficua nella Liga. Il cammino dell'attaccante classe 1991, sbocciato nel settore giovanile dell'Atalanta, ha fatto tappa anche in Toscana, alla Valdera. Nei primi anni Duemila la società pisana era un punto di riferimento del calcio provinciale e regionale. «Simone arrivò alla Valdera un po' per caso» racconta l'allora presidente Vito Consoloni, fondatore dell'azienda Ufo Plast e oggi socio del Pontedera. «Capitò in Toscana per fare un provino con l'Empoli, che però non andò bene. Il padre venne a sapere che c'era una squadra in zona che cercava ragazzi del settore giovanile, venne a Calcinaia col figlio a conoscerci: fummo contenti. La famiglia si adoperò per trovare un piccolo appartamento, la mamma si trasferì a Pontedera col figlio per un anno e mezzo», il periodo in cui Zaza è rimasto alla Valdera prima del passaggio all'Atalanta. «All'inizio sembrava un ragazzo come gli altri, bravino ma normale; in poco tempo però tirò fuori delle qualità superiori alla norma. Per arrivare poi serve anche un po' di fortuna, un calciatore anche se bravo a volte non riesce a intraprendere il percorso giusto. Lui le qualità le aveva, era bravo nel gioco e nel fare gol. In un anno e mezzo anche se non è molto si è visto bene: si poteva intuire che sarebbe arrivato». Le qualità di Zaza spiccarono soprattutto nel campionato Giovanissimi regionali 2005/2006: la Valdera di Sergio Gasparri chiuse la stagione al secondo posto a un solo punto di distanza dall'Armando Picchi, Zaza fu il capocannoniere del girone D regionale con un bottino di 29 reti: «Ricordo che non avevamo una squadra per poter arrivare primi in quel campionato, il secondo posto finale fu merito di Simone: le sue qualità sicuramente ci avvantaggiarono. Era un ragazzo corretto, aveva un bel caratterino; ma tutto nella norma». Zaza si prese la scena fin da subito e in poco tempo attirò su di sé l'attenzione di molte società professionistiche: «Ebbe tante richieste di provini, ricordo che partiva col papà e col nostro direttore sportivo Sergio Giuntini. Alla fine il contatto più stretto fu con l'Atalanta, dove si trasferì alla fine della stagione. Molto spesso quando si parla della Valdera Zaza si prende la scena: è in Serie A, ha giocato all'estero e in Nazionale. L'ho risentito un paio di volte nel periodo subito successivo al trasferimento all'Atalanta, sono orgoglioso di ricordarlo e di averlo avuto nel settore giovanile della Valdera».


«È difficile che se ne dimentichino»


Dei provini in giro per l'Italia si ricorda molto bene Sergio Giuntini, all'epoca direttore sportivo della Valdera. Era proprio lui, insieme a papà Zaza, ad accompagnare Simone nella sua rincorsa al sogno di diventare calciatore professionista. Giuntini, che negli anni è stato anche osservatore del Siena, si rese subito conto delle qualità di quel giovanissimo attaccante: «Nel 2005 fui contattato da un osservatore dell'Empoli, Antonio Bucci: dopo che non si concretizzò il passaggio agli azzurri, Bucci mi propose di prendere questo ragazzo alla Valdera. Il sinistro e il colpo di testa di Simone si notavano già a quei tempi, mentre sul piano fisico era ancora un po' indietro». Il lavoro nella società pisana - «la Valdera aveva un'organizzazione importante a livello di allenatori e preparatori» - aiutò molto Zaza, che col passare dei mesi si fece sempre più notare e attirò l'attenzione delle principali società italiane: «Diventò sempre più visibile, tanto che fu contattato anche dalla Juventus. Nei giorni prima del Natale 2005 tramite Andrea Ritorni, un osservatore dei bianconeri, stabilimmo un contatto con la società. La Juventus lo seguì per un paio di mesi e poi lo chiamò a Torino per un provino di tre giorni. Partecipai anche io; la prova andò bene, la Juventus ci contattò dicendoci di essere interessata al calciatore. Ma poi si bloccò tutto: era l'anno di Calciopoli, ad aprile la Juventus ci comunicò che non poteva più fare trasferimenti vista l'inchiesta federale in corso». Poco male comunque per Zaza, che nella sua carriera ha comunque avuto modo di vestire i colori bianconeri: «Il destino ha fatto sì che alla Juve prima o poi ci tornasse. All'epoca del provino il dg era un certo Luciano Moggi: quando i bianconeri mettono gli occhi su qualcuno poi è difficile che se ne dimentichino». L'anno dopo Zaza passò all'Atalanta, «un altro settore giovanile importante», mettendo un primo mattoncino fondamentale per spiccare il volo verso la Serie A. «Siamo stati fortunati ad avere avuto Simone alla Valdera» prosegue Giuntini «è stato grazie anche ai contatti con alcuni osservatori. In quel periodo la società era seguita con interesse, per cinque-sei anni ha rappresentato un punto di riferimento a livello provinciale e regionale. Vado orgoglioso del tanto tempo che ho speso per la Valdera: sono stato sei stagioni, ci ho messo sempre grande passione e alla fine è stata anche una bella soddisfazione personale. Credo che possiamo andare a testa alta per ciò che abbiamo fatto. E per me che ero direttore sportivo è stato un piacere muovermi in giro per l'Italia e accompagnare i ragazzi a fare provini». Solo Zaza alla fine è arrivato in Serie A, ma diversi altri calciatori del settore giovanile della Valdera hanno sfondato, seppur fermandosi in categorie inferiori: «Zaza il calciatore più forte che ho avuto? Penso proprio di sì. Avevamo anche qualche altro calciatore di buon livello come il difensore Bini che andò a Piacenza ed è stato anche Nazionale Under 20, ma in generale un attaccante ruba sempre di più l'occhio». Sinistro, colpo di testa, capacità di fare gol: le qualità di Zaza spiccavano già a quattordici anni: «Il sinistro si vedeva, aveva già abbastanza potenza, ed era forte nel colpo di testa. Aveva già dei colpi notevoli e delle doti importanti, negli anni poi è migliorato tanto. Ricordo bene il suo campionato nei Giovanissimi regionali, ma ricordo in particolare una partita di un torneo a Pisa a cui parteciparono anche società professionistiche: contro il Cappiano Romaiano, che all'epoca faceva la Serie C2, vincemmo 4-0 e Zaza segnò due gol strepitosi, uno di sinistro e uno di testa dall'altezza del dischetto del rigore. Anche contro società professionistiche mise in mostra i suoi colpi migliori».


«Aveva la mentalità giusta»


E quei colpi stupirono fin da subito anche Sergio Gasparri, allenatore di Simone Zaza nel periodo trascorso nel settore giovanile della Valdera. Il provino non superato con l'Empoli, la voglia di rimanere comunque in Toscana («Il babbo non lo voleva riportare in Basilicata»), il passaggio alla Valdera: «Dimostrò subito di avere un gran sinistro» racconta Gasparri «io e Paolo Franzon - anche lui istruttore come me, all'epoca faceva la categoria Allievi B - accettammo di prenderlo. Aveva ottime doti tecniche, tuttavia si vedeva che non aveva frequentato una scuola calcio di una certa qualità. Ma da subito, già dai primi allenamenti, si notò che il ragazzo sotto l'aspetto mentale e della voglia aveva una marcia in più. Aveva la mentalità giusta: amava il calcio e voleva costruire qualcosa di importante». Riuscendoci poi bene tra l'altro. «Era soprattutto sui tiri in porta che si vedevano le sue qualità» prosegue Gasparri. «Quando calciava faceva male: quando si dice 'il pallone passa e il portiere arriva dopo' vuol dire che il ragazzo ha qualità nel calciare in porta, e per lui era così». Lavoro, costanza, voglia di arrivare. Gasparri racconta come Zaza non volesse mai smettere di allenarsi: «Per lui gli allenamenti sarebbero dovuti durare quattro ore. Cresceva giorno dopo giorno ed era così voglioso di fare che una volta gli dissi: 'se vuoi battere gli angoli poi dopo non puoi fare gol di testa'. Caratterialmente era un bambino educato, era intraprendente ma non presuntuoso: si fece subito voler bene da tutti. I compagni di squadra lo fecero inserire al meglio nel gruppo, così come anche a scuola a Pontedera. Si vedeva che la famiglia ci teneva molto, il padre era contento che il figlio crescesse in Toscana». Zaza alla Valdera disputa il campionato Giovanissimi regionali, vincendo come detto la classifica marcatori del proprio girone e prendendosi la scena. Ma come giocava il giovane Simone? «All'epoca facevo già un 4-3-3, lui veniva schierato ala sinistra, il centravanti della squadra era Barbato; in due fecero diversi gol. Simone aveva una marcia in più, aveva tutte le qualità tecniche che si chiedono a un calciatore che si nota: aveva un gran sinistro e realizzò anche diverse reti di testa. Tra l'altro in quell'anno crebbe anche fisicamente e si snellì». La corte delle società professionistiche aumentò in maniera considerevole. La prima a farsi avanti fu la Fiorentina: «Avevo allenato per due anni lì, a novembre lo portai: c'erano i miei ex dirigenti, notarono subito le qualità di Simone che però era ancora indietro. A gennaio poi si scatenò il mondo: si fece avanti prima la Juventus con la chiamata di Luciano Moggi al babbo, poi ci furono il Milan, l'Inter e infine di nuovo l'Empoli e la Fiorentina». Ma alla fine Zaza non andò in nessuna di queste squadre, bensì all'Atalanta con lo zampino di Antonio Bongiorni: «Conoscevo Antonio, cominciò a martellarmi perché voleva assolutamente portare Simone all'Atalanta. Mi chiese di convincere la famiglia al trasferimento in nerazzurro, quando il babbo mi chiese un consiglio gli parlai bene di Bergamo: un ambiente bello, una società che sa lavorare e non mette fretta. Sono convinto che Simone abbia fatto la scelta giusta; anche se alla fine all'Atalanta non rimase molto, poi passò alla Sampdoria». Atalanta, Sampdoria, poi i prestiti alla Juve Stabia, al Viareggio e infine all'Ascoli prima della definitiva esplosione. «Voleva bruciare le tappe, ma giustamente ha fatto un po' gavetta: gli ha fatto bene» conclude Gasparri. «Simone è un bravissimo ragazzo, non si è montato la testa: a volte quando uno arriva a certi livelli tende a scordarsi il percorso che ha compiuto. Ecco, questo non è il suo caso».


Benedetta Ghelli Calciopiù