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Nuovo incontro per Calcio FairPlay Toscana. Intervista a Massimo Pieri

Nuovo incontro per Calcio FairPlay Toscana. Intervista a Massimo Pieri

Prosegue a gonfie vele il cammino di Calcio Fair Play Toscana, associazione fondata da alcuni direttori sportivi della nostra regione e alla quale hanno poi aderito numerosi addetti ai lavori del calcio dilettantistico e giovanile. Lunedì 28 marzo si è svolto presso l'Auditorium Garibaldi di Pisa un nuovo incontro territoriale, durante il quale sono stati affrontati numerosi temi. Tra le molte personalità presenti il presidente del Comitato regionale Toscana Figc Paolo Mangini e Massimo Pieri, consigliere del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani con cui abbiamo passato in rassegna i punti principali del progetto.

Ci racconta come nasce Calcio Fair Play Toscana e quali argomenti sono stati affrontati nella riunione di lunedì?
Calcio Fair Play è una associazione fondata da alcuni direttori sportivi che può contare sul supporto della Regione Toscana e del CONI, e che sta portando avanti il codice deontologico dei valori dello sport. Ieri sera il direttore sportivo del Pisa ha posto al centro del dibattito il tema delle scuole calcio professionistiche, che a nostro avviso non dovrebbero esistere. Se un bambino viene preso dalla Fiorentina a otto anni e poi scartato a dieci va incontro a un fallimento prematuro che certamente non può fargli bene. I piccoli calciatori devono rimanere nelle società dilettantistiche fino agli undici anni, così da poter stare con i propri amici e non perdere il contatto con il loro habitat naturale. A proposito della serata di lunedì, comunque, ci tengo a ringraziare Massimiliano Romano della Freccia Azzurra di Pisa che ha organizzato tutto nei minimi dettagli consentendo la presenza di sessanta persone.

Quali sono i vostri progetti per il futuro immediato?
Stiamo organizzando il primo torneo di Calcio Fair Play, in occasione del quarantesimo anniversario della nascita di Calciopiù. Parteciperanno squadre delle annate 2010 e 2011, al momento contiamo già 108 iscritti e circa una ventina di società che dovrebbero aderire a breve. Si tratta di un evento storico a livello regionale, le cui fasi finali si giocheranno nella prestigiosa cornice dello stadio Castellani di Empoli. Oltre a questo per il futuro abbiamo tante idee, a partire dalla volontà di far veicolare tra le famiglie dei questionari che ci aiutino a capire quali sono le vere esigenze e le problematiche dei nostri bambini e dei nostri giovani.

Leggendo il vostro codice deontologico, uno dei punti più importanti riguarda il ruolo degli educatori e degli allenatori nelle società.
Bisogna partire dal presupposto che nelle scuole calcio non devono esistere allenatori, bensì educatori. Solo dal settore giovanile in poi si può cominciare a parlare di allenatori, che devono essere scelti e valutati in base alle ambizioni e alle prospettive delle società. Finchè si parla di scuola calcio, però, è opportuno che il risultato venga messo in secondo piano come è stato fatto in Spagna. Il calcio dilettantistico ha prima di tutto un dovere morale e sociale, i bambini devono giocare per divertirsi e non per vincere. Se un bambino va dal proprio educatore e gli parla di concetti come la ripartenza dal basso, vuol dire che il calcio è malato. Un altro punto fondamentale del nostro programma è che gli educatori e le società devono prima di tutto insegnare la tecnica ai giovani, e non mettere al primo posto la statura e il fisico come invece da qualche anno a questa parte si fa in Italia.

Proprio in questi giorni, con la mancata qualificazione della Nazionale ai prossimi Mondiali, è tornato di attualità il tema delle scuole calcio e dei settori giovanili italiani. Il vostro progetto guarda anche a questo?
Certamente, quello che è successo con la Nazionale di Mancini pone le nostre argomentazioni al centro del dibattito. Basta guardare le prime otto squadre del campionato italiano: solo la Lazio ha un bomber italiano, mentre gli attaccanti delle altre sono tutti stranieri. La carenza di giocatori italiani è un problema, e il nostro progetto vuole apportare degli interventi nelle scuole calcio che servano poi per formare un sistema competitivo a livello internazionale. Di certo ripartiremo, ma la nostra Nazionale fallisce sistematicamente dal Mondiale del 2010 e questo è un dato di fatto che non può essere ignorato. La Federazione deve capire che per tornare ad alti livelli bisogna rifondare il sistema, a partire dai bambini che devono essere lasciati liberi di giocare prima di tutto per divertirsi.
Giulio Dispensieri