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Recordman da calciatore e oggi allenatore: intervista a Fabio Fabiani

Recordman da calciatore e oggi allenatore: intervista a Fabio Fabiani

Più di mille partite ufficiali, 114 gol segnati e sette campionati vinti: sono i numeri straordinari di Fabio Fabiani, che dopo aver appeso gli scarpini al chiodo all'età di 57 anni non poteva certo abbandonare la sua più grande passione. Il recordman del calcio toscano ha quindi indossato i panni dell'allenatore, partendo da Signa e ritrovandosi oggi nella realtà di Montelupo dove guida gli Allievi Regionali insieme al compagno di mille avventure Cristiano Coli. Proprio da qui abbiamo cominciato la nostra chiacchierato con Fabiani, ripercorrendo poi la sua storia e gettando uno sguardo alle nuove generazioni:

Partiamo dall'attualità, e cioè dalla sua avventura insieme a Cristiano Coli sulla panchina degli Allievi Regionali del Montelupo. Domenica è arrivata una prestigiosa vittoria contro lo Sporting Arno: è soddisfatto di come sta andando la stagione?

Devo dire che siamo molto felici, è il secondo anno che lavoriamo con i ragazzi del 2006 e stiamo dando seguito al bel terzo posto conquistato la scorsa stagione nella categoria Allievi B. La rosa è stata rinforzata con alcuni giocatori: Cintelli e Bentivoglio, che già l'anno scorso erano aggregati agli Allievi Regionali, Zanobetti e Rosone arrivati dal Signa in estate e Mazzacuva dal Fucecchio a dicembre. Il gruppo è molto unito, c'è grande empatia tra questi ragazzi che ormai si conoscono da tanto tempo. Per quanto riguarda questo campionato c'è solo il rammarico di aver perso in malo modo lo scontro diretto con il Calenzano, ma al netto di ciò noi vogliamo crederci fino in fondo e cercare di arrivare il più in alto possibile in classifica.

Lei e Coli formate una coppia storica: come organizzate il lavoro insieme e su cosa si basa la vostra intesa?

Per quanto riguarda il metodo di lavoro c'è una condivisione totale: decidiamo insieme tutto, dagli allenamenti alla formazione, siamo in due ma è come se fossimo un unico allenatore. Io non sono il suo secondo e viceversa, la sintonia è totale. Per me Cristiano è come un fratello minore, ormai sono otto anni che lavoriamo fianco a fianco. Tutto è iniziato a Signa: quando smisi di giocare feci un primo anno da allenatore insieme ad Alessio Cicala, poi mi unii a Cristiano alla guida dei Giovanissimi 2003. Con quella squadra arrivammo terzi e i risultati proseguirono anche negli anni successivi sulla panchina degli Juniores: dopo due ottime stagioni riuscimmo a vincere il campionato provinciale, riportando a Signa gli Juniores Regionali dopo ventidue anni. In seguito alla pandemia io e Cristiano ci siamo trasferiti a Montelupo, dove peraltro ho anche giocato, e abbiamo trovato un ambiente bellissimo e una società seria che non ci fa mancare niente.

Lei da calciatore è stato un recordman di presenze, oltre mille nei campionati organizzati dalla FIGC. Oltre a una passione straordinaria per il calcio, cosa le ha permesso di avere una carriera così lunga?

Ringraziando Dio non ho mai avuto grossi problemi fisici, anche perchè ho sempre cercato di mantenermi allenato e di fare una vita sana. Sono stato ragazzo anch'io, ma il venerdì o il sabato sera andavo sempre a letto presto. La passione poi è tutto, durante l'estate andavo a correre da solo per non perdere il ritmo e non era mai un peso perchè dentro di me conservavo lo stimolo per continuare a fare sacrifici. In campo ero un centrocampista, ruolo che mi permetteva di portare alla squadra una buona dose di esperienza. Il mio obiettivo da giocatore era quello di raggiungere le mille partite e ci sono riuscito, ma il calcio continuerà sempre a far parte della mia vita.

Secondo la sua esperienza, da calciatore veterano e da allenatore, i giovani di oggi possiedono la passione e lo spirito di sacrificio necessari per giocare ancora tanti anni? Cosa si può fare affinchè certi valori non si disperdano?

Certamente ai miei tempi c'erano molte meno distrazioni, nel tempo libero di fatto esisteva soltanto il pallone. Oggi le cose sono cambiate, i giovani hanno mille modi di passare le giornate e tocca anche a noi allenatori trasmettere loro la passione e l'amore per il calcio. A volte capita che i miei ragazzi manifestino qualche incertezza sul proseguo della loro carriera, e allora io cerco di incitarli per far capire loro che arrivare a giocare nella prima squadra del Montelupo, il loro paese, rappresenterebbe un motivo di orgoglio anche se non si tratta della Serie A. Chiaramente poi esistono varie situazioni, per esempio chi gioca poco alla lunga tende a lasciarsi un po' andare; anche in quel caso è compito dell'allenatore fargli capire l'importanza del suo ruolo, la bravura di farsi trovare pronto nel momento del bisogno. Ad ogni modo, giocare a calcio a livello dilettantistico comporta dei sacrifici e per farlo è necessario che lo stimolo resti vivo dentro di noi. Ricordo che durante gli ultimi anni di carriera, quando ci allenavamo di sera con il freddo e la pioggia, i ragazzi più giovani mi chiedevano perchè continuassi a farlo. La mia risposta era sempre la stessa: perchè il calcio è la mia vita.
Giulio Dispensieri