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Tau, ovvero come si può nascere e subito volare

Tau, ovvero come si può nascere e subito volare

Dalle pagine del libretto di istruzioni, divorate in un attimo, alle pagine dei libri di storia del calcio dilettantistico italiano: ha davvero pochi eguali la parabola sportiva del Tau Altopascio, divenuto a tempo di record una superpotenza del calcio toscano e un modello a sé stante nel più vasto panorama su scala nazionale.


Dalla provincia di Lucca passando per il trono del Granducato fino al tricolore: il tutto in vent'anni esatti. Nato nel 1992 come risultante della fusione della polisportiva Badia Pozzeveri e dell'Unione Sportiva Altopascio, il Tau vanta trent'anni di storia vissuti intensamente sotto la regia del padre fondatore - il presidente Luciano Semplicioni - e di alcuni allenatori e dirigenti (su tutti il diesse Dante Lucarelli) che hanno interpretato una parte in commedia di primario rilievo. Smarcatosi in fretta dai confini provinciali e ottenuti in pochi anni - a metà dei Novanta - i palcoscenici regionali, il Tau si struttura in modo solido e alza progressivamente il proprio livello tecnico, assieme alle ambizioni, arrivando a conquistare nella stagione 2008-2009 il primo titolo regionale nella categoria Allievi.


Questa categoria porta bene agli amaranto che, nel giugno 2012, conquistano uno storico scudetto targato Paolo Baldi e i suoi classe '95. Il decennio 2010-2020 è quello della scalata ai vertici del calcio dilettantistico, perché il Tau cresce fino ai limiti massimi del suo movimento di riferimento traendo slancio ulteriore dalla fortunata collaborazione con l'Inter, di cui diventa centro di formazione. Nel frattempo in bacheca arrivano anche le coppe regionali, le Cerbai, tantissimi titoli prestigiosi nella categoria Esordienti; il Tau inizia allora a puntare anche sulla categoria Giovanissimi. Nella stagione 2018-2019 Gabriel Pucci, sulla panchina dei classe 2004, regala il titolo regionale che mancava al suo club e si spinge oltre, fino alla finalissima che mette in palio lo Scudetto, persa a San Marino. Se figure come Paolo Baldi rappresenta un pezzo di storia del club lucchese, altre come Dante Lucarelli e Gabriel Pucci sono invece al contempo la memoria e lo slancio, dinamico e giovane, del Tau che scalpita dentro le restrizioni imposte dalla pandemia e non vede l'ora di respirare nuovamente l'aria rarefatta dell'alta classifica e delle competizioni che contano davvero.



Paolo Baldi, il professore che scrisse la storia


Un po' come un amico intimo o un parente stretto, che ha presenziato a tutte le occasioni importanti, che era lì ogni volta che si celebrava un appuntamento che conta; un po' come un maestro, lui che tanti conoscono come il professore, per via della sua professione di insegnante di educazione fisica. Paolo Baldi ha intrecciato la sua vita sportiva con quella del Tau creando un connubio che ha portato reciprocamente fortuna e fortune. Uno dei volti storici del calcio toscano era presente a tutte le tappe più significative degli amaranto: c'era lui in panchina quando il club di Altopascio vinse il loro primo titolo regionale, era sempre in prima linea quando gli Allievi classe '95 presero la copertina a livello nazionale, vincendo lo scudetto italiano. Era la stagione 2011-2012 e a Baldi chiediamo di riportare indietro le lancette del tempo.


Da quella finale di Asciano in cui il Tau, come recita il titolo della nostra prima pagina dell'epoca, salì sul tetto d'Italia, gli anni sono trascorsi e sono dilatati dalla pandemia ma immagino che i contorni di quella foto che vi ritrae esultanti per il tricolore conquistato siano ancora nitidi.


'È proprio così, è impossibile dimenticare una soddisfazione così grande. Anche perché il teatro di quell'evento fu un'ambientazione che personalmente adoro: il senese, con le sue dolci colline, luoghi spettacolari che mi trasmettono serenità e pace. E poi quella zona mi porta bene, perché a Chianciano avevo già vinto un titolo nazionale con la Lucchese. Quell'anno funzionò tutto a meraviglia: le nostre prestazioni nelle finali, la perfetta regia delle Federazione per quell'evento fino alla cornice in cui andò in scena. Prima del fischio iniziale di quelle finali regnava un silenzio irreale: non un silenzio di paura, ma quasi di stupore per la bellezza dello scenario circostante'.


'Serenità' è una parola chiave di quella vittoria: ricorre in buona parte degli articoli che narrano l'avvicinamento alla finale e l'atto conclusivo stesso. Chiudeste con zero ammonizioni e dando sempre la sensazione di essere in controllo della situazione. Era questo uno dei punti di forza della sua squadra?


'Quei ragazzi classe '95 probabilmente non erano la squadra più forte che ha espresso il Tau, ma avevano sicuramente un plusvalore sul piano mentale. Quando tornai al Tau dopo una prima esperienza ad Altopascio presi in consegna i '92, con cui vincemmo il titolo regionale ma non riuscimmo a centrare il traguardo dei '95; probabilmente questi ultimi avevano acquisito coraggio, forza e consapevolezza a un punto così alto che ci portò dritti allo scudetto'.


Come avvenne il suo primo contatto con il Tau?


'Era il lontano 1993 e ricevetti la chiamata di Antonello Semplicioni; stavo allenando la Primavera a Lucca ma la proposta mi intrigò e fu un'avventura densa di gratificazioni: sono orgoglioso di aver contribuito a far conoscere il Tau a tutta la Toscana prima e in Italia poi. Iniziammo subito a farci un nome, la società esisteva da pochissimi anni ma conquistammo ben presto i regionali e a metà anni Novanta perdemmo una finale ai rigori contro lo Staggia; restai ad Altopascio fino al 1998, poi ci sono tornato una decina di anni dopo e nel frattempo il club era diventato una corazzata a livello toscano. In una trentina di anni la società di Semplicioni ha bruciato tutte le tappe e ha fatto tantissima strada'.


Come ci è riuscito secondo lei?


'Credo che uno dei segreti del successo del Tau sia il fatto che al suo interno hanno sempre trovato spazio le persone giuste, qualificate e competenti, che hanno dato continuità al lavoro nel tempo con un'ottica di costante miglioramento. Sarebbe un elenco lungo citare tutti i validissimi collaboratori e dirigenti che operano dentro il club amaranto, è chiaro poi che figure come quella di Lucarelli hanno dato un input semplicemente determinante. Io ho dato il mio contributo, che può essere giudicato più o meno importante, ma la differenza l'ha sempre fatta un'organizzazione che ha poco a che vedere con il dilettantismo e non lascia niente al caso'.


Sempre dagli articoli di quelle finali emerge il fatto che la serenità del suo Tau era l'esatto opposto del Savio, la squadra che affrontaste in finale, definita - senza partigianeria credo - piuttosto presuntuosa.


'Il loro comportamento alla vigilia della finalissima non fu proprio irreprensibile. Ricordo che la sera prima della partita eravamo fuori, io e i miei ragazzi, per una passeggiata serale dopo la cena; udimmo in lontananza, sempre più vicini, dei cori. Erano i nostri avversari che giravano per il paese intonando slogan poco carini nei nostri confronti. Non ci fu neanche bisogno di invitare alla calma i miei ragazzi, nella loro testa capii che il Savio si stava scavando una fossa sul campo, e infatti rispondemmo a quelle provocazioni solo sul rettangolo di gioco. Ma sportivamente, in modo sereno appunto. Ho sempre avuto una visione precisa del calcio, secondo la quale non ho mai anteposto vittorie e interessi all'educazione, alla correttezza, alla lealtà, alla sportività. Ai miei ragazzi dicevo che le furberie gliele avrebbero insegnate altri: io pretendevo un'educazione totale, un rispetto che mi sono sempre sforzato di essere il primo a dare in cambio. Chi non aveva rispetto con me ha sempre avuto vita durissima all'interno dello spogliatoio. Tornando alla finale, con una prova eccezionale regalammo un bel dispiacere al Savio che, al pari dell'Academy Bari e del Pordenone in precedenza, ci affrontò pensando di fare un sol boccone di noi'.


Come visse lei, personalmente, l'avvicinamento a quell'appuntamento con la storia?


'Sono convinto che se chi guida comincia a tremare allora trasmette agitazione a tutto il resto della vettura. Ero emozionato, ma tranquillo. Ricordo che alla vigilia della finale, in albergo, avvicinai Semplicioni e gli confidai a bassa voce la certezza che avremmo vinto. Lui rimase molto sorpreso da questa mia affermazione, abitualmente infatti sono all'opposto di una persona presuntuosa, ma ero convinto che ce l'avremmo fatta, come poi è stato'.


Al termine di quella finalissima confidò al nostro collega presente ad Asciano che il suo addio al calcio era vicino, ed è poi avvenuto; disse anche 'nella mia carriera non ho mai chiesto niente a nessuno': cosa intendeva precisamente?


'Che sono sempre stato all'interno del mondo del calcio a modo mio, e faccio una confessione: ho la sensazione di aver dedicato al calcio fin troppo tempo. Albano Fiorini, un mio carissimo amico ed ex giocatore con cui ho condiviso l'esperienza di allenatore in serie C, una volta mi disse - 'quante cose ci siamo persi a causa del calcio..'. E aveva ragione, perché sul piano sportivo la passione per il calcio è una mia prerogativa fondamentale, ma sul piano dei valori, incarnati dalle tante persone che ho incontrato in campo e attorno al campo, il mondo del calcio non mi appartiene. Quando poi ho attraversato dei problemi di salute ho riflettuto a lungo ed in effetti questo sport mi ha dato tante gioie, ma mi ha sottratto anche tanto tempo che avrei potuto investire in altri modi. Ad ogni modo però non ho alcun rimpianto: sono contento di aver coltivato questa passione con serietà e impegno, ma senza mai scendere a compromessi, e senza pensare mai un secondo che una squadra fosse mia proprietà. Per anni ho insegnato nelle scuole la mattina e il pomeriggio sul campo: i ragazzi sono stati al centro della mia vita e il mio principale riferimento è sempre stata la loro educazione, prima di qualsiasi altra cosa'.



Gabriel Pucci, un argento che vale oro


Mai come stavolta, in occasione di un evento di portata globale come è la pandemia, la Grande Storia si intreccia con l'infinità delle storie di ognuno di noi. Agendo come un'enorme parentesi che congela il presente e al tempo stesso indica probabilmente un prima e un dopo, lo stato di emergenza prolungato ha costretto ognuno di noi a mettere in sospeso piani progetti sogni. Gabriel Pucci, tecnico di punta dello staff del Tau e allenatore dei Giovanissimi élite amaranto da diverse stagioni, è fra coloro ai quali non è bastato il proverbiale cassetto ma un mobile ben più capiente per riporre momentaneamente da parte le proprie aspirazioni. E la propria voglia di riscatto. Perché Gabriel Pucci è, suo malgrado, il vice-campione d'Italia più duraturo della storia: nel giugno del 2019, al termine di una cavalcata costantemente sopra le aspettative, i suoi Giovanissimi classe 2004 sfiorarono lo scudetto, nell'ultima volta che fu messo in palio prima della sospensione causa Covid. In precedenza il Tau ci era riuscito nella categoria Allievi, nel 2012 fra le dolci colline del senese. Sette anni più tardi, in uno scenario decisamente diverso, a San Marino alle pendici del Monte Titano, gli amaranto si arresero con l'onore delle armi al cospetto dell'Urbetevere di Roma.


Mister, si dice che ognuno di noi abbia compilato una lista di cose da fare e persone da riabbracciare una volta conclusa la pandemia; nella sua lista in che posto si trova il piano per andare nuovamente a caccia del massimo traguardo sportivo?


'Le assicuro che la voglia di rivincita è tanta, ma il ritorno alla normalità sarà un percorso graduale. Dopo San Marino mi è rimasta la consapevolezza di aver messo insieme un percorso strepitoso e al tempo stesso il rammarico di non aver gioito quel giorno; ma la splendida cavalcata dei 2004 resta intatta e resiste al giudizio del tempo, anche se in finale non è andata come speravamo. E pensare che quell'anno non avrei dovuto guidare quella squadra..'


Perché?


'Era da diversi anni che la Sambenedettese mi cercava e quell'estate sarei dovuto passare a San Benedetto del Tronto per guidare la formazione Berretti, l'attuale Primavera 3; poi all'ultimo l'accordo sfumò e rimasi al Tau. E da lì iniziò un cammino eccezionale con i Giovanissimi'.


Quel giorno a San Marino ero presente e la sensazione fu che gli avversari fossero un'autentica corazzata, anche per voi. Ha mai pensato in questi anni a qualche scelta che avrebbe potuto fare in modo diverso? Ha dei rimpianti?


'Sul piano tecnico, la formazione iniziale ad esempio, no; anche se Di Vita e Cecilia scesero in campo molto condizionati dagli acciacchi rimediati con la rappresentativa italiana dilettanti nei giorni precedenti. Se però avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo cambierei un piccolo dettaglio, una banalità. Arriverei al campo con la squadra a poca distanza dall'ingresso negli spogliatoi; l'attesa fu lunga, la finale degli Allievi prima di noi e poi il riscaldamento, davvero tanto tempo. Non so, cambierei questo, ma sono consapevole che non è un fattore che incide'.


Eppure si dice che ai massimi livelli la cura di ogni minimo dettaglio sia fondamentale.


'Esatto, e si impara di più dalle sconfitte che dalle vittorie. Ma ripeto, nessun rimpianto: quando iniziammo la stagione i nostri 2004 erano la terza favorita per il titolo regionale, dietro Scandicci e Cattolica nei pronostici della vigilia; e poi siamo arrivati fino a un soffio dal titolo nazionale'.


Facciamoci del male. Dove sarebbero potuti arrivare - lo scorso anno - i classe 2005 che, ricordo, hanno vinto il titolo regionale ma non hanno potuto disputare le finali nazionali a causa del Covid?


'La scorsa stagione la nostra idea era di riprendere il discorso laddove l'avevamo interrotto, quindi avevamo allestito una squadra di classe 2005 davvero valida. Formidabile dalla cintola in su. Una squadra che ha fatto benissimo, come dimostra il campionato élite vinto e il fatto che ben quattro ragazzi siano passati ai professionisti; fra di loro anche il classe 2006 Coppola, che giocava con noi sotto-età e oggi è all'Empoli con i compagni di un anno più grandi. Tornando alla passata stagione, il campionato regionale ormai era nostro, avevamo sei lunghezze di vantaggio sul Margine a cinque giornate dalla fine, e per stessa ammissione del loro tecnico, che conosco personalmente, per loro l'obiettivo era diventato quello di difendere la seconda posizione. Purtroppo io, i ragazzi e la società non abbiamo potuto soddisfare la curiosità di vedere fin dove saremmo potuti arrivare nelle finali nazionali, ma sono sicuro che avremmo fatto bene'.


Restiamo nel campo ipotetico: cosa ci siamo persi, invece, quest'anno?


'Il campionato dei 2006 si è fermato all'inizio ma proprio nel momento in cui stavo osservando la squadra in grandissima crescita. Difficile fare delle valutazioni così in astratto ma sono sicuro che stavamo trovando i giusti meccanismi e avremmo lottato per il titolo regionale; il format particolare sarebbe stato un'incognita, ma le sensazioni a inizio ottobre erano molto positive'.


Lei è dentro al Tau da quasi quindici anni e ha percorso tutta la trafila, dalla scuola calcio fino alla formazione di punta degli amaranto che sono i Giovanissimi regionali; quanto e come è cambiata la sua società in questo lasso di tempo?


'La crescita del Tau in questi anni è esponenziale ed è arrivata fino a diventare un'eccellenza assoluta a livello giovanile dilettantistico, in mezzo a tante altre realtà storiche e consolidate. I miglioramenti hanno subito un'accelerazione anche grazie al progetto di collaborazione con l'Inter, di cui siamo centro di formazione in Toscana: un'esperienza che ha contribuito a migliorare il livello di tutto il nostro comparto tecnico, facendoci conoscere un modello di calcio di livello superiore che stiamo cercando di applicare da tempo ad Altopascio. La scuola calcio del Tau è in perfetta continuità con il settore giovanile, c'è un filo conduttore unico che lega tutta la trafila di ognuno dei nostri giovani calciatori, dalle categorie più piccole fino ai Giovanissimi e agli Allievi'.


Torniamo a frugare nel cassetto in cui ha riposto i suoi sogni; cosa contiene?


'Anzitutto il presente mi impone di stare il più vicino possibile ai miei ragazzi, offrendo loro la possibilità di allenarsi in maniera ridotta e distanziata ma garantendo comunque supporto e continuità con quello che abbiamo momentaneamente messo in sospeso. Chiaro che la voglia di tornare a giocare in campionato è tantissima e, dopo aver regalato un titolo regionale nella categoria Giovanissimi al Tau, che mancava, il sogno è quello di cercare una soddisfazione ancora più grande che abbiamo solo accarezzato un paio di anni fa. Ma sono convinto che ogni obiettivo e ogni sogno lo si raggiunge in un solo modo: come naturale conseguenza del lavoro sul campo, cercando ogni giorno di trasmettere qualcosa di importante che resista nel tempo ai ragazzi che alleno'.



Dante: Lucarelli: 'Un conto è arrivarci una volta, ben altra cosa ritornarci'


Letto come un'equazione matematica, il Tau Calcio ha alcuni fattori che ne determinano il risultato vincente. A livello tecnico e organizzativo uno di questi è certamente il titolare della direzione sportiva: Dante Lucarelli - da quindici stagioni diesse degli amaranto - incarna il modello ideale della nuova generazioni di dirigenti toscani e, di riflesso, la sua presenza nel Tau assicura al club di Altopascio il mantenimento di un'altitudine di quota esclusiva. Lucarelli è al tempo stesso una buona parte della memoria storica della sua società, il suo presente e ovviamente anche il suo prossimo futuro.


Non è un caso che il suo ingresso in società a inizio anni Duemila abbia coinciso con la prima affermazione a livello regionale del Tau e con l'inizio di un'ascesa vertiginosa.


'Quando sono entrato a far parte della dirigenza del Tau la società stava già strutturandosi in modo solido a livello provinciale, affermandosi ai vertici del calcio lucchese e affacciandosi sui palcoscenici regionali. Quello che serviva, anche se in anticipo sui tempi che di solito occorrono, era un'affermazione a livello toscano ma la rampa di lancio era pronta: che il primo titolo regionale abbia coinciso con il mio arrivo è una casualità. Piuttosto, sono io che sono cresciuto e migliorato all'interno del Tau, fin da subito'.


Come diventò il diesse degli amaranto?


'Ero un allenatore, poi nel giro di pochi anni mi sono ritrovato direttore sportivo unico di una società importantissima; quello conquistato dagli Allievi classe '92 fu il primo titolo regionale e il primo centrato da una squadra di Lucca dopo venticinque anni, visto che era sempre appannaggio delle società fiorentine con poche eccezioni come quella della Margine Coperta. Sono passati anni, e tutto inizio e si sviluppò molto rapidamente per quanto mi riguarda: ma ricordo bene ogni minimo dettaglio'.


La prima volta non si dimentica mai, e credo non l'abbia fatto neanche a proposito di quelle prime vittorie nel segno di Paolo Baldi; qual è il rapporto che la lega al tecnico che ha regalato sia il primo titolo regionale sia quello nazionale al Tau?


'Quando vincemmo il primo campionato regionale sfruttammo il lavoro svolto in precedenza e la coincidenza dei fallimenti di Lucchese, Castelnuovo e Spezia; prendemmo qualche giocatore da queste società e la guida di Paolo Baldi fu semplicemente il massimo sotto ogni punto di vista; per me lui è stato un maestro e un mentore, mi ha insegnato tantissime cose sul calcio, soprattutto mi ha trasmesso un modo di vedere questo sport che neanche immaginavo fosse possibile. Ricordo tutto di quel primo titolo regionale e ovviamente dello scudetto; più precisamente ricordo che proprio ai suoi colleghi di Calciopiù confessai che si trattava di un sogno raggiunto attraversando tantissime difficoltà. I '95 vissero un'annata un po' travagliata anche a causa degli infortuni ma Paolo Baldi tenne sempre il timone saldamente fra le mani, cavalcò la tensione con fermezza e serenità, trasmettendo calma e determinazione. Vincemmo il titolo regionale con una grande rimonta, poi alle finali eliminammo tante realtà più blasonate di noi come ad esempio il Pordenone, che oggi milita in serie B. In finale i nostri ragazzi si esibirono in una prestazione semplicemente perfetta e così, battuto il Savio, quel sogno nato superando tante difficoltà diventò una meravigliosa realtà'.


Quanto è sbagliato dire che Gabriel Pucci, il giovane tecnico cui avete affidato le chiavi della categoria Giovanissimi e ha già centrato due titoli regionali e quello di vice-campione d'Italia, incarni la voglia di tornare in campo del Tau, verso nuove sfide? Il tricolore nei Giovanissimi, nello specifico.


'La rappresenta al meglio. Spendo poche ma significative parole sul conto di Gabriel: è un predestinato, un allenatore che si prenderà palcoscenici importanti in futuro. E aggiungo, sperando di non essere presuntuoso, caratteristica che non mi si addice: se lo scorso anno avessimo avuto la possibilità di giocarci le finali nazionali, sono convinto che ci saremmo confrontati al meglio delle possibilità con la voglia di riscatto che abbiamo, dopo San Marino'.


Si dice che la voglia di rivincita sia la molla più potente nel mondo dello sport.


'Abbiamo vinto uno scudetto e perso due finali che avrebbero potuto regalarci il tricolore con i 2000 prima e i 2004 poi; aggiungendo le finali nazionali introdotte da qualche anno nella categoria Esordienti, nelle ultime sette stagioni il Tau ha raggiunto cinque volte le fasi finali a livello italiano. E questo è il più grande motivo di orgoglio: un conto è arrivarci una volta, ben altra cosa è ritornarci. Fa tutta la differenza di questo mondo. Dispiace che sia mancata l'occasione di riprovarci con i 2005, e anche con i 2006 perché sono convinto che quest'anno i nostri Giovanissimi sarebbero potuti arrivare lontano'.


Le chiedo una valutazione da dirigente di una società che è al top del calcio dilettantistico, in contatto stretto con il mondo del professionismo, su questo: al netto delle tante, probabilmente troppe incognite che ancora dobbiamo inserire nella riflessione, quando torneremo a disputare i campionati e a giocarci - più o meno regolarmente - un titolo sportivo, che scenario dobbiamo attenderci?


'Appartenere al mondo dei Dilettanti personalmente è motivo di vanto anche se ormai, da diversi anni, questo per me è diventato un lavoro. A proposito di professionismo, il matrimonio con l'Inter ha rappresentato una svolta, che ha permesso al Tau di investire sulle categorie più piccole: entrare in contatto con figure come quella di Marco Bertelli, responsabile tecnico del centro di formazione nerazzurro, ci ha fatto compiere non uno, ma dieci passi in avanti. Conosco tutte le realtà del calcio italiano, dalla Juve alla Roma passando per le altre, ma l'Inter vi assicuro che ha un qualcosa in più a livello giovanile. Venendo alla domanda, sono un inguaribile ottimista e mi auguro che i prossimi mesi segnino il ritorno alla normalità; spero inoltre che le varie annate restino nelle categorie, particolarmente i 2004 che in questo periodo stanno presenziando in massa agli allenamenti e hanno davanti un futuro che deve contemplare un Under 18, l'età giusta in cui concludere il percorso del settore giovanile anche in vista della riforma dello sport della quale si discute da tempo'.


Lorenzo Martinelli Calciopiù