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Dall'archivio di Calciopiù - C'era una volta Emanuele Giaccherini nelle giovanili dilett

Dall'archivio di Calciopiù - C'era una volta Emanuele Giaccherini nelle giovanili dilett

Quando talento fa rima con umiltà


Un predestinato e un esempio per tanti: Mario Rosadini, Aldo Ricci ed Enrico Certini raccontano il fuoriclasse di Talla negli anni del Bibbiena


Sacrificio, determinazione, umiltà. Insomma, un esempio per tanti. In un mondo come quello del pallone in cui la normalità spesso è l'eccezione, Emanuele Giaccherini è un ragazzo raro. Qualità infinite, spirito da leader ma sempre i piedi ben piantati a terra, anche se poi un giorno nel percorso calcistico - non semplice comunque per il ragazzo di Talla - arrivano gli Scudetti con la Juventus e la medaglia d'argento con la Nazionale all'Europeo del 2012. La Juve, la Nazionale, ma non solo: l'attuale calciatore del Chievo Verona, dopo tanta gavetta tra Forlì, Bellaria Igea Marina e Pavia e la definitiva esplosione con il Cesena, ha giocato anche a Bologna e a Napoli e due stagioni in Premier League con il Sunderland.


La storia calcistica di Giaccherini nasce e si sviluppa in Casentino, proprio a due passi dal suo paese. Gli inizi al Rassina, ma soprattutto il Bibbiena. Se lo ricorda bene Mario Rosadini, presidente della società rossoblù. Legatissimo a Emanuele, l'ha visto sbocciare e lo rivede volentieri ogni volta che torna in Casentino.


«Sono 36 anni che sono al Bibbiena, Emanuele l'ho visto praticamente nascere» racconta Rosadini. «L'ho sentito anche a Natale, è un esempio per tutti sia dal punto di vista calcistico sia da quello umano. È venuto dal niente e non si è mai dimenticato da dove è partito. Quando torna a Talla va a giocare a carte al bar del paese, siamo andati spesso anche a prendere un caffè insieme. È un ragazzo umile, un esempio per i bambini e anche per i più grandi». Giaccherini ha compiuto tutto il percorso del settore giovanile a Bibbiena, esordendo anche in prima squadra in Promozione a soli 16 anni e contribuendo tra l'altro alla salvezza dei rossoblù: «Ha iniziato a giocare a pallone nel Rassina nei primi anni della scuola calcio, fece anche un provino all'Arezzo ma non lo presero. È venuto al Bibbiena ed è cresciuto nel nostro settore giovanile, dove è stato allenato per tre stagioni da Aldo Ricci e poi da mister Casini nell'anno degli Allievi regionali. Ma giocò poco con gli Allievi: quell'anno si infortunò gravemente nella partita giocata sul campo della Sestese e poi, una volta guarito, il tecnico della prima squadra Enrico Certini decise di portarlo in Promozione: il Bibbiena non andava benissimo, lui segnò diversi gol e ci aiutò a raggiungere la salvezza». Ma com'era all'epoca Giaccherini? «Fisicamente era piccolino, ma ci ha sempre messo grande impegno: l'hanno aiutato la tecnica e la volontà. Aveva una marcia in più rispetto agli altri, era imprendibile quando aveva il pallone tra i piedi e segnava anche tantissimi gol».


Non è un caso dunque se vinse la classifica marcatori sia nell'anno dei Giovanissimi regionali, sia in quello degli Allievi B con rispettivamente 29 e 38 reti. Alla fine di quella stagione culminata con la salvezza della prima squadra «lo proponemmo al Cesena, Emanuele finì lì il settore giovanile. Ha fatto poi tanta gavetta in Serie C2, è stato al Forlì, al Bellaria Igea Marina, al Pavia, sempre in prestito dal Cesena. Un giorno però Emanuele ci chiamò, dicendoci che voleva tornare a casa: gli dicemmo di finire la preparazione col Cesena e di valutare bene». Quell'anno sulla panchina dei bianconeri arrivò Pierpaolo Bisoli: il nuovo tecnico lo provò, gli dette fiducia, «Emanuele iniziò a giocare stabilmente e proprio in quella stagione il Cesena vinse il campionato di Serie C. L'anno dopo ottenne la promozione in Serie A ed Emanuele segnò diversi gol. Poi la sua storia è nota, è arrivato alla Juventus e ha avuto la fortuna di essere allenato da Antonio Conte che l'ha guidato anche in Nazionale. In questi anni al Bibbiena ho visto tanti ragazzi, miei e delle altre squadre, ma Emanuele aveva delle doti in più. Ci siamo comunque meravigliati per quello che è riuscito a fare nonostante un fisico che non l'ha certo aiutato».


Negli anni il Bibbiena è diventato un punto di riferimento calcistico nella provincia aretina affermandosi nel palcoscenico regionale; diversi altri calciatori sono usciti dal settore giovanile rossoblù per provare a spiccare il salto: «Alcuni nostri calciatori adesso giocano in Serie D, come il classe 1997 Biagi all'Aquila Montevarchi e il 2002 Pareggi che è stato al Perugia e gioca adesso negli Juniores nazionali del Montevarchi, poi i 2002 Ombra e Farini, in forza al Follonica Gavorrano, e Corsetti, classe 99 della Sinalunghese. Per noi avere ragazzi in Serie D è già una bella soddisfazione. Di Giaccherini sarà dura trovarne altri, non è facile arrivare in Serie A». Nel frattempo però un altro Giaccherini, il nipotino di Emanuele, ha deciso di intraprendere il percorso dello zio iniziando a giocare a calcio proprio nel Bibbiena. «È sempre un grande piacere parlare di Emanuele» conclude Rosadini, che ci svela: «Ci ha detto che l'ultimo anno da calciatore l'avrebbe fatto al Bibbiena». E chissà che davvero il talento di Talla non decida prima o poi di ritornare lì dove tutto è cominciato.


«Il suo punto di forza? La finta: rientrava, sterzava, non lo prendevi mai»


«Era un predestinato». Non ha dubbi Aldo Ricci quando gli chiediamo di raccontarci di quel piccolo talento con la maglia rossoblù. L'ex tecnico del Bibbiena ha allenato Giaccherini per tre stagioni, negli anni dai Giovanissimi B agli Allievi B. «Ho fatto l'allenatore per venticinque anni, Emanuele è stato l'unico che aveva le caratteristiche per arrivare in alto. Era fragile, piccolino fisicamente ma era un predestinato, un leader e sempre benvoluto dai compagni. E ovviamente aveva una tecnica individuale sopraffina; quando l'ho visto la prima volta mi sono sbilanciato. Considerando ciò che ha passato, la sua carriera ha avuto uno sviluppo sorprendente; ma si intuiva che sarebbe potuto arrivare in alto». In quei tre anni sotto la guida di Ricci, Giaccherini giocava come punta esterna, di solito spostato sulla sinistra, o sulla trequarti: «Ha giocato praticamente in tutti i ruoli d'attacco. Non era velocissimo, ma aveva una tecnica individuale eccezionale. Il suo punto di forza? La finta: rientrava, sterzava, non lo prendevi mai. Anche nei campi motosi danzava col pallone».


Tecnica indiscutibile e tantissimi gol, come abbiamo scoperto ritrovando le classifiche e i tabellini di quegli anni, ma non solo. Di Giaccherini spiccavano anche le qualità morali: «Al di là che facesse caterve di gol, era il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via dal campo. I calciatori più bravi di solito sono altezzosi, ma lui no: cullava l'ambizione di arrivare, ma sia lui sia la famiglia non sono mai andati oltre. Oggi tutti credono di essere dei fenomeni, bastano tre partite fatte bene e la famiglia pensa subito in grande. Ecco, Giaccherini e i suoi genitori no. Il Bibbiena all'epoca era affiliato col Cesena, lo propose diverse volte ai bianconeri; il presidente ha dovuto insistere e anche io: Emanuele meritava di arrivare al professionismo». Ricci descrive Giaccherini come una persona umile e determinata: «È un ragazzo alla mano, l'ho risentito spesso e l'ho visto diverse volte quanto è tornato a casa. Non se la tira, nella zona lo conoscono tutti ed è sempre disponibile. E in campo era un trascinatore. Ricordo l'infortunio che subì l'anno degli Allievi dopo uno scontro di gioco con il portiere avversario: ero a vedere quella partita sul campo di Sesto Fiorentino, ricordo che Emanuele non voleva uscire dal campo. Poi quando a 16 anni fu chiamato in prima squadra fu lui ad aiutare il Bibbiena a rimanere in Promozione».


Il gruppo allenato da Ricci in quei tre anni formava una buona squadra. «Disputammo tre ottime stagioni» ricorda il tecnico «ma non riuscimmo mai a vincere nonostante avessimo in squadra Emanuele. Nell'anno dei Giovanissimi regionali ricordo la partita con l'Affrico: eravamo sul 3-3, ci fu concesso un rigore ma il rigorista non c'era. Emanuele non se la sentì di tirarlo, lo calciò un altro ma non segnò e nell'azione successiva prendemmo gol. Se avessimo vinto quella gara avremmo trionfato. I campionati giovanili sono strani: il compagno di reparto di Emanuele era un metro e ottantacinque, lui invece era piccolino. A vederli all'epoca si poteva pensare che sarebbe esploso anche l'altro, ma non è andata così. Giaccherini è stato indubbiamente il calciatore più forte che ho allenato: altri ragazzi hanno intrapreso un percorso simile al suo, ma non sono arrivati dove è arrivato Emanuele. Non avevano quella testa: servono costanza e requisiti morali».


A16 anni in Promozione: «Incantava il pubblico»


«Emanuele ha fatto la carriera che ha fatto per meriti suoi: è sempre stato un ragazzo tenace, umile e modesto»: anche Enrico Certini, tecnico della prima squadra del Bibbiena negli anni in cui Giaccherini vestiva la maglia rossoblù, si allinea a Rosadini e Ricci. Talento indiscutibile e qualità morali sembrano unirsi alla perfezione quando si parla di Giaccherini. «Già da piccolino era di un'altra categoria, aveva numeri che gli altri non avevano: in zona non c'è mai stato un talento così». Le qualità erano così evidenti da convincere Certini a farlo esordire in prima squadra a 16 anni: il Bibbiena stava attraversando un momento difficile e stazionava nelle zone basse della classifica, ma Certini non ebbe dubbi nell'inserirlo nella rosa della prima squadra. «A sedici anni era davvero mingherlino, ricordo che prima di entrare in campo i calciatori avversari mi guardavano quasi come se volessero darmi di matto a far giocare un ragazzo così piccolo. Quando decidemmo di farlo debuttare in Promozione eravamo in difficoltà, Emanuele segnò una decina di gol in tutto il girone di ritorno. Ricordo che debuttò in casa contro il Valdarbia realizzando due reti».


Giaccherini in quella squadra giocava come seconda punta: «aveva qualità importanti e si integrava benissimo con l'altro attaccante, Olivieri. D'altra parte chi sa giocare si intende subito. Si integrò bene con la squadra nonostante gli anni di differenza con i compagni; era sempre il primo ad arrivare al campo e l'ultimo ad andare via». Al di là delle qualità tecniche indiscutibili, «le sue doti principali erano l'umiltà e la voglia matta di sfondare e di fare il calciatore professionista». Alla fine di quella stagione il Bibbiena riuscì a salvarsi agevolmente: «Arrivammo nella prima metà della classifica grazie al suo apporto, poi Emanuele andò a Cesena. Lì inizialmente era ai margini del progetto, ma poi riuscì ad affermarsi: deve tutto a Pierpaolo Bisoli, che gli dette fiducia. Aveva un'ottima tecnica di base e una grande capacità di vedere la porta, poi col passare degli anni ha cambiato ruolo e dal reparto offensivo è stato spostato più sull'esterno. Ha grande corsa e tecnica, non ha difficoltà a interpretare quel ruolo».


Certini ripercorre diversi episodi della storia di Giaccherini, come quando fu vicino alla Fiorentina: «Quando la Juve lo mandò via ci fu quasi la possibilità per lui di arrivare alla Fiorentina - tra l'altro il babbo è tifosissimo viola - ma poi non se ne fece di nulla e andò in Inghilterra». Al di là di questo, sono sempre state le sue qualità a far parlare di lui: «Incantava il pubblico in tutte le partite, era veramente forte: dopo ogni partita ci chiedevano sempre di lui. Aveva gambe piccoline, era impressionante quello che riusciva a fare. Era un bambino in confronto agli altri, ma non lo prendevano mai. Era imprendibile per tutti».


Benedetta Ghelli Calciopiù



foto 1 Emanuele Giaccherini in azione Foto Antonio Badalucco



foto 2 Giaccherini e Mario Rosadini, presidente Bibbiena



foto 3 e 4 Le classifcihe marcatori vinte da Giaccherini